domenica 25 gennaio 2015

Giorno di festa a Taunggyi


Strade di Taunggyi



Una capanna di campagna
Lo stradino sconnesso che scivola tra le colline per tornare a Taunggyi è tortuoso e  ti costringe a voltare continuamente la testa all'indietro nella speranza di vedere ancora una volta la selva di aghi ornati di piccole campanelle e rivolti verso l'alto del complesso di Kakku. E' un dispiacere andarsene, eppure lungo questo percorso incroci poche auto, solo qualche motorino carico di masserizie, magari con un fascio di canne di bambù di traverso che occupa tutta la stretta striscia di asfalto malandato, bordato di strisce di terra rossa e che obbliga a fermarsi negli slarghi per potersi incrociare ed intanto ti dà tempo per guardarti intorno, per gettare un occhio alle pozze dove i bufali sono immersi fino al collo ed i bambini seminudi sguazzano sollevando schizzi di acqua fangosa. Una piccola capanna si alza sui pali leggeri di una palafitta proprio di fianco ad una risaia ancora in secca. Qui si è già mietuto da qualche giorno e del raccolto non c'è più traccia, solo i cespi di culmi secchi tagliati alla base ed il terreno in attesa di essere arato. All'ombra delle stuoie chiare e scure, intrecciate a formare un bel disegno di greca diagonale, un contadino rugoso prepara il piccolo aratro di legno con la punta ricoperta di metallo, due piccoli versoi a V rovesciata,destinati a non ferire troppo la terra e di peso accessibile per la taglia degli zebù che ora pascolano un poco più in là. Non c'è altro attorno alla capanna, solo qualche staccionata e gli attrezzi che che ha prodotto il bosco. 

Campagna attorno a Taunggyi
Una povertà misurata sullo stretto autoconsumo e proporzionata al migliore o peggiore andamento dei cicli della natura. E' l'agricoltura che alcuni sognatori della domenica o altri pifferai interessati dallo stomaco peloso, si augurerebbero per il futuro, quello con orde di nuovi nati da sfamare, che però hanno ormai la possibilità di vedere chiaramente il mondo, ormai accessibile alla conoscenza in qualunque angolo se pur remoto del pianeta e che dovrebbero accontentarsi ed accettare questo tipo di esistenza, che sarà da un certo punto di vista tranquillo, anche se non credo del tutto sereno, se ti metti a contare le innumerevoli rughe che solcano il volto di quel contadino. Sono certo che per i bambini che giocano nel fango sotto la capanna, anche lui sogna un futuro differente, magari anche solo che riescano ad arrivare tutti quanti alla maggiore età senza morire, anche se ogni giorno aumenteranno i bisogni, che quel piccolo aratro di legno forse non riuscirà più a soddisfare. Ma queste sono considerazioni che non devono turbare troppo le coscienze di chi pensa ai vari saloni, esposizioni e fruitori di eccellenze alimentari gastrobiominchiatiche. Lasciamo dunque perdere perché intanto i chilometri corrono e si arriva alla città. Taunggyi è la capitale dello stato Shan, arroccata sulle colline più alte, anche se, d'estate, la temperatura non è molto più mite che nella lontana pianura arsa e polverosa. 


Giovane Shan
La città si è dilatata a dismisura negli ultimi anni, ormai siamo quasi a mezzo milione di persone, che convergono dai paesi vicini, attirati dalla confusione e dalle opportunità presunte o reali che questa offre. Il mercato è tra i più confusionari ed affollati che vi capiterà di vedere, con migliaia di persone che occupano i marciapiedi attorno allo spazio strettamente deputato al commercio, che hanno steso a terra tutta la loro mercanzia. Le donne Shan e Pa'o che arrivano dai villaggi, sono ancora in generale vestite in modo tradizionale, pigiami neri o blu scuro bordati di rosso o di blu con le ghette nere  fatte di strette fasce avvolte attorno ai polpacci per evitare le graffiature delle camminate nell'erba alta della campagna da cui arrivano. Qui più che altrove, vedi tanti banchetti che offrono fiori e non solo le belle rose rosse in boccio, ma anche tanti piccoli cespi che diresti fiori di campo, dalle belle tonalità blu e giallo vivo. Frutta e verdura naturalmente sono il punto chiave dell'intero mercato. Piccole angurie, agrumi di diversi tipi e banane, naturalmente l'offerta più comune. Cespi di peperoncino dai grandi mazzi verdi punteggiati di rosso e mucchi di aglietto profumato, una produzione, direbbe qualcuno con la bocca a cul di gallina, vero e proprio presidio del gusto del territorio, occupano altrettanti spazi, ma quello che più impressiona è la quantità di persone che si incrociano lungo le strade ridotte a stretti vicoli e percorse da ogni genere di mezzo meccanico ed a trazione umana o animale. Chi arriva carico, chi si rifornisce, chi sceglie e discute, mentre altri riempiono di sacchi carretti e  baracchini e portano via, verso altri mercati minori o verso casa. 

Mamma Bengali
Una gran confusione insomma. Ma c'è un motivo specifico, spiega Tun Tun. E' giorno di festa grande, anzi la festa comincia oggi ma durerà tutta la settimana. In questo periodo del plenilunio, cade il capodanno del popolo Shan e la gente arriva anche da lontano per festeggiare. E' una occasione che nessuno vuole perdere ed a cui ci si prepara ancora con convinzione per tutto l'anno. Il maggior flusso di gente infatti si dirige verso la periferia della città, lungo la strada principale fino ad un larghissimo spazio, un avvallamento pianeggiante tra due colline dove c'è già tutto un fervore di preparativi. Un enorme spazio centrale libero, dove nei giorni successivi si svolgerà il festival del palloni ad aria calda di ogni forma e colore che andranno a popolare il cielo mentre la folla a naso in su, ne indicherà i più spettacolari, commentandone le differenze e la qualità rispetto agli scorsi anni e tutto intorno una serie di banchi da fiera dalle caratteristiche comuni a quanto avviene in tutto il mondo. Al centro, un grande palco per le autorità che verranno a fare i loro discorsi, queste sono le occasioni classiche in cui non riesci a tenere alla larga i politici, figuriamoco se se la perdono per una volta. In un angolo, il parco divertimenti con le giostre, incluse la ruota panoramica ed i caroselli per i più piccoli, tutte rigorosamente a movimento manuale, perché tutto insomma gira ancora a forza di braccia, cosa d'altronde naturale tra queste montagne dove l'energia elettrica viene erogata a singhiozzo e poche ore al giorno. Non mancano certo i tiri a segno, con la ragazza che sorride ed invita i giovanotti che tacchinano, a mostrare la loro abilità e a cacciar fuori qualche soldino. 

L'area parco di divertimenti del festival di Taunggyi
Naturalmente la parte più coreografica è costituita dal settore della ristorazione con una serie infinita di banchetti di street food, con i pentoloni fumanti e le padelle concave ripiene di olio brunito che sfrigola mentre il cuoco di turno, sudato e abbrutito dal calore insostenibile, continua a gettare palate di pastelle nel liquido per ripescarle subito dopo con aria soddisfatta e riporle in cima a piramidi di compagne, grondanti unto. E poi i carrettini dello zucchero filato rosa con la fila dei bimbi in attesa e il tizio che guida lotterie e vende pacchi misteriosi, con la sfilata dei premi alle sue spalle, giganteschi peluche cinesi, proprio come alle nostre fiere di quando ero bambino. E' ancora presto ma c'è già una gran confusione, di gente che arriva dai paesi, soprattutto gruppi di ragazze in costume Shan, coloratissime con i loro copricapi  fantasiosi e diversi per ogni tribù. Alcune chiaramente impacciate in questi abbigliamenti, ormai anche per loro incongrui e che probabilmente esibiscono solo più per queste occasioni. Tuttavia sembrano tutte comprese di queste loro particolarità e molte sono le magliette in vendita che espongono la bandiera e l'orgoglio della nazione Shan, forse anche un po' grazie alla rigidità di un sistema che non ha certo mai approvato questa alzata di scudi regionale e quasi indipendentista. Tra i banchi vedi però anche molti indiani mussulmani, bengalesi e genti di altre provenienze. Non c'è niente da fare, anche se non voluta, dappertutto la mescolanza e il meticciamento è il destino dell'umanità, unita per sempre dall'abbraccio virale dello smartphone, perennemente in mano anche anche dolcissime ragazze dai cappelli colorati ripieni di sonagli e campanellini, che coprono mèches bionde o mogano chiaro. Tun Tun, la nostra guida Pa'o, che guarda gli Shan un po' dall'alto in basso anche se per le ragazze ha un occhio diverso, ci accompagna verso l'uscita della città, ma anche lui compulsa la tastiera touch screen, capisci subito che, presa la mancia, non vede l'ora di andare a togliersi il costume nero e il copricapo arancio e rimettersi i jeans. 

Al mercato di Taunggyi

SURVIVAL KIT

Ragazze Shan con la bandiera nazionale
Taunggyi - Capitale dello stato Shan. Città di non grande interesse ma che bisogna traversare per arrivare a Kakku. Nota per il festival delle mongolfiere, durante il quale si svolgono diverse manifestazioni della comunità Shan con relativi costumi tradizionali. Mercato tribale ogni cinque giorni attorno all'Old Market, luogo ideale per provare la cucina Shan e venire a contatto con questa minoranza. Ci si può arrivare anche con autobus pubblici da Kalaw (3 h) o da Pindaya (4 h) quando non addirittura da Yangon (16 h). Tuttavia poi per andare a Kakku avrete bisogno di un mezzo privato. Insomma come sempre, avere a disposizione un mezzo con autista si rivela il metodo più efficiente in termini di risparmio di tempo e alla fine non è detto anche di denaro. In città c'è anche un museo etnografico Shan, una etnia che evidentemente tiene molto alla propria identità culturale, che però non ho visto.

Ristorantino delle trippe

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