lunedì 18 aprile 2011

Ospedale.

L'ospedale è un non luogo. Per definizione come un carcere, più ambiente di sofferenza che di redenzione. Anche la sua forma fisica, gli interminabili corridoi, le volte alte dai rimbombi inquieti, gli odori negativi che ci respiri, le attese inerminabili, contribuiscono a costruire una intelaiatura che respinge, anche se tecnicamente dovresti sentirti come dal meccanico dove vai per rendere qualcosa nuovamente in grado di funzionare in modo egregio. L'ospedale non è neppure un tempo, perchè qui l'orologio si ferma e non si riesce ad apprezzare fisicamente lo scorrere delle ore. Ti senti come sospeso in un limbo privo di riferimenti che prevede solo attese, sia che tu ti trovi al di qua o anche al di là della barriera del letto. Al carrozziere chiedi tra quanti giorni potrai andare a ritirare il mezzo, qui aspetti. Aspetti che la cura faccia il suo effetto qualunque esso debba essere. I reparti geriatrici poi, sono l'esasperazione di questo concetto. Limbo nebuloso dove i corpi spesso privi di specificità individuabili, stanno lì stimolati variamente, con tentativi di dosaggi da calibrare di volta in volta in attesa di reazioni spontanee di organi, che la natura aveva progettato per tempistiche diverse e che l'intelligenza dell'uomo riesce ad adattare a funzionalità più lunghe.

Anche da qui capisci come la nostra specie si è imposta sul pianeta. E' la volontà di forzare comunque la natura a nostro vantaggio, di sfruttare comunque il più a lungo possibile questa opportunità che abbiamo avuto e che in teoria tutti vorrebbero prolungare all'infinito. Però anche se non c'è scelta si sta male in ospedale. Nonostante tutto. Anche se sei circondato da persone che si prodigano per farti sentire meglio. Anche se in mezzo a difficoltà continue, ci mettono tanto del loro, perché la com-passione, il soffrire insieme, ti aiuta a stare meglio ed è comunque consolatorio e utile ad abbreviare il non-tempo di attesa. Tante persone che danno il meglio di sé nei giorni scuri e nelle lunghissime notti, continuando a lavarti, a nutrirti, a curarti, ad aiutarti a svolgere tutte quelle funzioni che credevi legate ad una intimità solo tua, a cercare di metterti in grado di tornare serenemente alla tua casa. Che lavoro difficile e duro.

Che ammirazione per questo esercito di soldati che riesce spesso anche a darti un sorriso o una risata leggera come aiuto non previsto, ma utilissimo per accelerare la tua liberazione anche se spesso è circondato, assalito da pazienti tignosi ed insofferenti che comunque una giustificazione ce l'hanno, ma anche da torme di parenti incarogniti, pretenziosi, arroganti, a cui il bisogno e lo stato di necessità fa perdere ogni remora di comprensione e di pazienza. Tutto e subito come sarebbe di teorico diritto, come si è ormai abituati a pretendere anche di fronte ad una realtà fatta di carenze oggettive, causate da un sistema in cui tutti hanno colpe e nessuno è davvero interessato alle soluzioni. Però alla fine, anche se per gli stessi addetti è una cosa assolutamente incredibile, nella maggior parte dei casi, si torna a casa. Senza ringraziare nessuno. E continuando a lamentarsi.


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11 commenti:

Francesco Zaffuto ha detto...

Non amo gli ospedali, ci ho passato giorni e notti terribili per i miei familiari e ho paura di andarci a finire pure io tra qualche tempo. Eppure sono una grande preziosità, sono la nostra ricchezza nel momento più tragico della nostra esistenza. Dobbiamo difendere i nostri ospedali e la nostra struttura sanitaria nazionale. Se c'è qualcosa che non va, si può correggere. Sanità, scuola, e previdenza sono le sole tre ricchezze del nostro paese; sono pronti a spazzarle via con la privatizzazione per farci diventare ancora più poveri e disperati.
saluti
francesco

il monticiano ha detto...

Anche se sono già entrato nella quinta età ed avendo "soggiornato"
in quei luoghi ameni sin dal 1953 più o meno a lungo ma per varie volte
il mio timore è proprio quello della privatizzazione come dice giustamente
Francesco Zaffuto.

Angelo azzurro ha detto...

Io frequento ogni settimana l'ortopedia e conosco l'ambiente. tanto di cappello al personale sanitario che fa miracoli. E di questi tempi è dono ancor più speciale!
Buona salute a te!

Ambra ha detto...

Non sono completamente d'accordo. Vero, pazienti e parenti spesso incarogniti, ma anche il personale sanitario non è sempre e solo affabile, attento ecc. Così lo idealizziamo un poco. Fanno un lavoro e ricevono per questo uno stipendio. A volte sono loro ad essere incarogniti, forse perché il lavoro non è sicuramente così gratificante. Non tutti naturalmente.

Kylie ha detto...

Gli ospedali mi fanno solo ansia. Al pensiero di entrarci mi viene male. Soffro per chi è dentro.

Un abbraccio forte

Unknown ha detto...

Se non ne esci, dall'ospedale, significa che hai finito il tuo percorso nel luogo più deprimente e impersonale e triste che esista.Per fortuna ci sono loro, gli infermieri e i casi sono due : o sono dei sadici o sono dei santi.
Avendo visto e sentito di tanti casi di abnegazione da parte loro, propendo per la seconda ipotesi e penso che le eccezioni siano rare.
Bellissimo post Enrico.
Cristiana

Enrico Bo ha detto...

@Fra - E solo chi ha constatato la differenza tra la nostra sanità e quella all'estero è in grado di apprezzarla. Certo stanno cercando di distruggerla a favore del privato come la scuola, cerchiamo di resistere.

@Monty - se no semo rovivinati!

@Angy - Concordo in pieno, certo bisogna anche noi essere disponibili.

@Ambra - Certo hai ragione, ma se da parte dei fruitori ci fosse un po' più di comprensione e di pazienza, anche se è difficile, me ne rendo conto, quando sei nella situazione di bisogno e vorresti tutto e subito, certi spigoli verrebbero attutiti: Ho constatato io stesso che certe infermiere musone, di fronte ad un sorriso e ad una battuta diventano simpatiche e disponibilissime.

@Kylie - Non dirlo a me, ma meno male che ci sono.

@Cri - Purtroppo o grazie ai progessi è la fine per la maggior parte delle persone, ma sarebbe peggio morire a casa tutti a 50 anni.

Anonimo ha detto...

Quanto hai detto a proposito dei tempi più lunghi da vivere ottenuti tramite alchimie da ,perdonami questo uso di terminologia, maestri stregoni è purtroppo ormai realtà.In genere non corrisponde quasi mai la quantità della vita con la qualità della stessa. Ci vorrebbe una legge sul testamento biologico in modo da poter decidere serenamente e liberamente di porre termine alla propria esistenza in molti casi ormai solo più vegetativa e lesiva della propria
dignità. Ma la discussione ci porterebbe ben oltre........per cui chiudo qui.A presto.
Paola

Enrico Bo ha detto...

@Paola - sono d'accordo anche se poi quando si arriva alla fine, molti, i più, si attaccano alla vita in maniera sorprendente. Anche questo è l'uomo.

Anonimo ha detto...

Complimentoni Enrico !!!
Sei super-galattico (non da Galassia) !!!
Tre navi spaziali da super star tre-ck !!!
Le cose su Cinesi e Ti-cinesi sono formidabili e dolcissime e soavissime.
Svolazzi leggiadramente sul letame come una farfalla.
E in effetti il letame non è proprio male. I cattivi sono immondizia e diamanti (De Andrè)
Dal letame può nascere un fiore.
E il fiore più bello è il componimento sull'ospedale (ti ho forse dato del letame???).
Hai reso benissimo l'atmosfera del "nostro" ospedale SS Antò e Biègie.
E le sensazioni di chi ci sta, da una parte e dall'altra della barricata sono azzeccatissime; coi martinitt che portano i referti su e giù per i lunghi corridoi, con gli austroungarici che caricano i patriot (sulle barelle).
Ma molti ospedali altri non sono così, almeno architettonicamente. Quelli della provincia sono più confort-evoli e pia-cevoli e ben-evoli e dur-evoli e .... vomit-evole sta lungaggine infinita.
un abbraccio stretto
g m

Enrico Bo ha detto...

@GM - grazie caro
come sempre noi siamo fortunati , perlomeno al nord, e chi si lamenta della sanità, andrebbe giustiziato sul posto. Oggi sono duro.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 114 (a seconda dei calcoli) su 250!