venerdì 4 maggio 2018

Etiopia 10 - Omo National Park


Mi sento osservata


Famiglia Surma
Scendere dalle collina verso la grande spaccatura della Rift Valley ti mette di fronte a scenari grandiosi e struggenti. Abbiamo fatto una parca colazione alla cittadina di Tulkit, sotto l'occhio attento di qualche pastore che già si aggirava lungo la via principale, forse in attesa dell'apertura del mercato di domani. Altri infondo alla strada rimangono appoggiati ai lunghi bastoni, forse domani qui ci sarà un donga, il cruento combattimento rituale che allena i giovani al coraggio e all'insensibilità al dolore, utile in caso si scatenino conflitti reali coi combattivi eterni nemici delle tribù vicine, anche se adesso appare molto più utile il kalashnikov, graditissimo dono di nozze per il fratello maggiore della futura sposa, mentre al padre toccano le vacche. Ma il bastone rimane un attrezzo fondamentale nella vita del nomade, ricavato dal durissimo legno dell'albero chiamato koso, serve per governare la mandria, per appoggiarsi, per appendervi qualche sacchetto con le poche cose che si portano con sé ed in ultima istanza per il combattimento rituale in cui i giovani più valenti vogliono mettersi in mostra facendo vedere a tutti il proprio coraggio e la propria abilità, oltre che alla insensibilità al dolore e alle ferite. In generale partecipano a questa prova una trentina di ragazzi, che vengono via via eliminati quando i colpi e le ferite inferte, spesso gravi li mettono fuori combattimento. 

In vetrina

Il vincitore, perché alla fine ne rimarrà uno solo, salirà di parecchio di rango e di popolarità e avrà gioco facile con le ragazze dei villaggi vicini e la eventuale scelta di una moglie sarà di molto agevolata. Mentre il sole si alza tutta la valle è avvolta in una nebbiolina leggera, l'aria è ancora fresca ma già ti manifesta la voglia di arroventarsi non appena il giorno procederà verso il suo zenit. Più si scende e maggiore è il rigoglio della vegetazione, che comincia a crescere di altezza, gli alberi diventano imponenti, i cespugli coprono spesso l'orizzonte. Cresce la sensazione di terreno sconosciuto, deserto di uomini e difficile da penetrare. Anche la pista diventa impervia e si procede a dieci, massimo venti chilometri all'ora. Tutta l'area è coperta dal grande parco dell'Omo Mago, un territorio davvero selvatico e primordiale, tagliato in due dalla immensa spaccatura che divide le due zolle continentali, che si allunga tra l'Africa e l'oceano Indiano per migliaia di chilometri, quella che con ogni probabilità è stata davvero la culla dell'umanità. Da qui, quando i primi ominidi, scesi dalle piante reggendosi solo sulle zampe posteriori, hanno cominciato a camminare spingendosi al di là delle colline, è cominciato tutto. Lucy che dorme nel museo di Addis, pensava? Difficile dirlo, quello che è certo è che adesso noi lo facciamo e attraversare questa terra con queste immagini nella testa, è allo stesso tempo commovente ed eccitante.

Waterbuck maschio e femmina
Un ritorno alle origini, uno scoprire radici apparentemente estranee in un contesto comunque così diverso dal tuo mondo. Attraversiamo ancora completamente il fondo della valle; sono chilometri di sassi e fango, qui deve essere piovuto abbondantemente in questi giorni e molte piste diventano impraticabili. Scegliamo quella più secca, attraverso una savana puntellata di acacie spinose. I tanti guadi non ancora invasi dall'acqua che attraversi, conservano nei punti più bassi pozze fangose dove, se guardi con attenzione vedi i dorsi di grandi coccodrilli immobili, affondati e perfettamente mimetizzati tra il fango rosso che ne avvolge il corpo. L'acqua disponibile è ormai pochissima, Tutti aspettano la pioggia promessa da un cielo che a poco a poco si va coprendo di nuvoloni grigi e gonfi. Tra l'erba alta e gialla, ancora secca, l'erba nuova e verdissima, comincia appena a crescere, lontane intravedi gruppi di antilopi dalle corna arcuate, pelosi waterbuck e piccolissimi e timidi dik dik che si nascondono tra i cespugli più bassi. Qui la situazione è molto diversa da quella che puoi riscontrare parchi famosi del Kenia o della Tanzania, sorvegliatissimi, nei quali gli animali si lasciano avvicinare senza paura. Qui l'uomo è un predatore assoluto, i pastori si trasformano subito in cacciatori di questa fonte di carne fresca disponibile e gli animali lo sanno bene e pertanto si tengono a rispettosa distanza. 

Nidificazioni
Tra l'erba alta che ondeggia al vento leggero, vedi solo teste preoccupate rivolte verso la tua auto che procede sbuffando, orecchie tremule che ruotano in tutte le direzioni per captare i più lievi rumori, froge che aspirano odori per catalogarne la pericolosità, i muscoli pronti a saltare via in direzione opposta e contraria. I rami degli alberi sono popolatissimi di uccellini multicolori. Molte specie stanno nidificando e scorgi un continuo andirivieni tra le fronde di esserini colorati con pagliuzze e rametti nel becco che costruiscono ricoveri imponenti; molti alberi ne sono coperti. Adesso fa caldo, non c'è polvere e si può viaggiare coi finestrini aperti. Ad un tratto, Lalo ed Abi, si agitano improvvisamente e cominciano a dare manate a destra ed a sinistra, apparentemente a caso. Dentro l'abitacolo sono entrate diverse mosche tze tze, evidentemente pericolose, vista l'agitazione dei nostri accompagnatori. Abi invece di guidare sventola le mani e poi chiude ermeticamente i finestrini: anche Lalo dichiara che la bonifica dell'abitacolo dovrebbe essere a punto e raccomanda di non aprirli più, nonostante la temperatura sia ormai salita parecchio. Meglio soffrire il caldo che essere punti, tra l'altro questa specie di tafani che già avevamo incontrato in Tanzania, danno morsi piuttosto dolorosi e poi io ho già sonno di mio, naturalmente e mi basta così. 

Villaggio Nyngatom
Sentiamo ancora qualche schiaffone ogni tanto, ma forse più precauzionale che altro, infine la zona critica sembra superata, quando arriviamo alla strada un po' più percorribile, lungo il confine del Sud Sudan, dove è sorta la baraccopoli di Kangatan, popolata soprattutto dai rifugiati della guerra feroce che per anni si è scatenata nel paese vicino. C'è una certa confusione ma come sempre gli assembramenti di popolazione diventano subito crocevia di vita e movimento, di mercato e di piccole opportunità di sopravvivenza. I soliti spaghetti al pomodoro che ti ustionano il palato vanno giù in fretta e poi si prosegue verso sud dopo aver imboccato definitivamente la bassa valle dell'Omo. Qui la foresta cede il passo ad un territorio più spoglio e desolato, piatto e apparentemente privo di vita; è la terra dei Nyangatom, i nemici storici dei Surma. Una nuova grande strada rettilinea lo taglia di netto, naturalmente costruita, anzi in costruzione da parte dei soliti cinesi, che congiungerà questa area isolata a Giuba. Il bisogno di trasportare e scambiare merci per povere che siano è inarrestabile. Nessuna area del mondo può restare isolata a lungo nel tempo della globalizzazione. Al bordo della strada una scarpata ripida porta all'hotel sorto da poco ai bordi di una città nascente, ifa invasiva di un mondo nuovo destinato a moltiplicarsi come una massa di cellule cancerose incontrollate, a vincere e probabilmente a soffocare il mondo antico e immutabile che preesisteva da millenni.

Nell'Omo Mago National Park

SURVIVALKIT
Un tratto della Rift Valley
Hotel Nyangatom Yashi - Nuovo ma già consunto. Molto basico. Camere piccolissime dove non funziona quasi niente. La corrente non c'è quasi mai, alla sera si supplisce con un generatore. Zanzariere presenti e obbligatorie. Nella nostra non arrivava acqua. Si può utilizzare un bidone esterno che si riempie di acqua piovana. Insetti neri tipo grilli dappertutto, soprattutto nella inutile doccia. Ristorante e bar interno all'hotel molto popolato anche dal vicino paese, piuttosto fornito con i consueti cibi, injera e pasta o riso.





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