giovedì 30 novembre 2017

Usa 10 - New Brunswick


Il porticciolo di Bar Harbor al tramonto

Piccoli promontori
Finalmente il Canada. Lo aspettavo con una certa attesa e curiosità. Gli spazi, la natura, le foreste e le colline senza nome. Il primo impatto conferma le aspettative ed è reso ancora più accattivante dai colori che il fogliame ha ormai preso definitivamente. I boschi, qui siamo ancora a bassa quota, sono formati da poche conifere sempreverdi, che mantengono un colore scuro e che salvo poche zone, spiccano qua e là tra la massa di latifoglie ormai gialle in tutte le declinazioni, quando non predomina invece la definitiva virata verso il rosso degli aceri, che costituiscono l'anima vegetale  di questo paese. D'altra parte se sono riportate sulla bandiera nazionale una ragione ci sarà pure. Le abitazioni si sono diradate moltissimo, anche se nel nord del Maine, già si intuiva questo passaggio al predominio della natura su una antropizzazione che deve fare comunque i conti con una climatologia severa. I paesi, se così si possono chiamare, sono davvero quattro case sparse lungo una via principale e la qualità della abitazioni è decisamente più semplice e apparentemente malandata rispetto alle loro omologhe americane, che appare molto più curata e civettuola. Qui, a differenza del sud, compare tra le sterminate superfici boschive, anche una importante parte dedicata all'agricoltura e, a differenza di prima, vedi spesso lontane fattorie, segnalate dai grandi silos che segnalano l'esigenza dello stoccaggio del raccolto. 

L'estuario
E' l'agricoltura dei cosiddetti areali a rischio, condizionata come ovvio da una climatologia che pone incertezze notevoli nella produttività, come la maggior parte di quella delle altrettanto grandi pianure della Russia. Pascoli e superfici destinate alla fienagione si alternano al mais, alla colza ed ai cereali vernini, su cui oggi tanti incompetenti sparano sentenze insensate. Vedi anche i grandi appezzamenti dedicati alla coltura della famosa patata canadese, questa è una delle zone dell'area francofona particolarmente vocata, che per anni hanno fatto parte del mio lavoro. Scorrendo i margini di questi campi non posso non ripensare alle migliaia di quintali di questi tuberi da seme che ho importato  allora, per i nostrani agricoltori di Castelnuovo, produzione che finiva poi quasi tutta nel novarese alla San Carlo, uno dei più forti produttori di patatine confezionate dell'epoca. Era la famosa Kennebek canadese, una patata bianca farinosa molto produttiva, specializzata per la produzione di chips industriali. Ci dovevo venire allora in questo paese, una sorta di viaggio premio per conoscere produttori e luoghi originali di produzione, che avrebbe dovuto essere di grande interesse. Ci andarono invece i vari direttori generali, che le patate le mangiavano solamente, lasciandomi con un po' di bocca storta per parecchio tempo. 

Il fiume
Era però destino che ci arrivassi comunque in queste pianure ondulate attorno al San Lorenzo, anche se adesso anche io, le patate le mangio solamente e neppure posso esagerare. Un appuntamento obbligato che si è dovuto soltanto rimandare. Questo tanto per sottolineare quali sono le strane pulsioni che offre il viaggio. Di tanto in tanto si vedono anche animali al pascolo. Tuttavia la costante del territorio sono gli interminabili tratti di strada che collegano lontane località pomposamente segnate sulla carta e che una volta raggiunte si rivelano agglomerati inconsistenti. Tratti che ti lasciano appunto tanto tempo per pensare a quel passato di cui vi ho appena detto. Si percorrono le ultime propaggini degli Appalachi che digradano dolcemente in ondulazioni sempre più appiattite, in larghissime valli percorse da fiumi tranquilli. Tutto sembra aspettare la neve che prenderà possesso di tutto il territorio per molti mesi. Lo capisci subito dalla segnaletica che ricorda continuamente di fare attenzione alle motoslitte che potrebbero sbucare dai viottoli secondari. Comunque ridendo e scherzando il programma di oggi prevede quasi 650 chilometri per arrivare fino al Quebec dopo avere attraversato tutto il New Brunswick attraverso la Scenic Appalachian route, che poi così scenic non sembra, se devo proprio essere sincero, per arrivare fino a Carleton-sur-mer. 

Attenzione alle motoslitte
Attraversi Gran Falls e Saint Quentin, anonimi villaggi elevati al rango di cittadine e quando attraversi il ponte di Campbellton che porta al Quebec ti senti ormai quasi arrivato anche se hai il culo rettangolare. La strada corre sinuosa lungo la riva sinistra del fiume Kedgwick che si allarga sempre di più per formare l'estuario che contorna da sud la grandissima penisola di Gaspesie che sarà il nostro territorio per i prossimi giorni. La luce comincia a scendere e la vista delle casette sul lungomare di Carleton che si snodano per qualche chilometro, vengono accolte da tutto l'equipaggio, pilota e navigatrice compresa, con una certa soddisfazione. Qui c'è sì l'atmosfera del paesello di mare vacanziero, ma con quel velo di tristezza che ti danno i mari settentrionali, comunque imbronciati e semideserti, complice il fatto che ormai dobbiamo considerare di essere a fine stagione. La costa è bassa ed ogni tanto si infossa in zone umide e ricoperte di erbe paludose che formano variegati specchi di acque ferme popolatissimi di uccelli di ogni tipo, papere, fischioni, spatole e altri dalle gambe lunghe e rosse simili ai cavalieri d'Italia, forse anche loro in visita turistica. 

Sulla spiaggia
Qui è meglio che si cominci a parlare francese, cosa che ti fa apprezzare molto da ristoratori ed albergatori. Si sa che la zona è molto sensibile all'argomento anche se il referendum indipendentista era stato sconfitto, se pur non di molto. Quando ti vedono straniero ma sentono il verbo gallico subito si spalancano i sorrisi e le ragazze della reception che prima avevano alzato appena la testa annoiate da dietro al bancone, diventano subito gentilissime, si alzano entrambe e sono prodighe di consigli, indicano il miglior posto per la cena e concedono senza problemi lo sconticino sulla camera. Potenza della ruffianeria. Direi quindi che, a questo punto non c'è niente di meglio di  un ristorantino romantico in riva al mare con vista sulla sagoma di un faro, che si staglia ormai nero sull'orizzonte nuvoloso, carico di quelle nuvole bigie che portano tempesta. Poca gente e profumo di mare nei piatti serviti con cura  e gentilezza. Mi sa che stavolta la mancia la lascio volentieri. Quando esci satollo senti cadere, implacabile, la prima pioggerellina, gelata ed impalpabile.

Foliage

SURVIVAL KIT

Alla pesca sul mare
Motel L'Abri - 360 Boulevard Perron - Carleton sur mer - Meglio dei soliti, nuovo, pulito e ben fornito coisoliti TV grande,frigo, free wifi, ben riscaldato, docce bollenti, letto King. Cameramolto spaziosa . 113C$. Niente colazione ma kit in cameraper thé e caffè. 

Le marin d'eau douce - 215 route de quai - Carleton sur mer - Ristorantino molto grazioso, con un menù interessante di terra e di mare in stile francese. Noi abbiamo preso un menù pronto (qui si chiamano table d'hote) con Fois de volaille con marmellata /mousse di salmone ai capperi; soupe de citrouille delicatissima; trancio salmone armoriciano al forno davvero speciale e abbondante; fragole al porto/crème brulé per 100 C$ in due (circa 70 €). servizio ottimo e cortese. Tavolo con vista su splendido tramonto. Consigliatissimo. Il migliore ristorante che abbiamo avuto di tutto il tour.






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mercoledì 29 novembre 2017

Taste of Malaysia 44


Il fiume a specchio
Alberi neri e bui
Nuvole gialle

martedì 28 novembre 2017

Taste of Malaysia 43



Gonfio e panciuto
Sepolta tra le piume
La testolina

lunedì 27 novembre 2017

Taste of Malaysia 42



Nuvola rosa
Il fiume non respira
Dorme il tapiro

domenica 26 novembre 2017

Taste of Malaysia 41


Apre le ali
L'aquila solitaria
Il pasto è pronto

sabato 25 novembre 2017

Taste of Malaysia 40



Airone bianco
Allunghi il becco aguzzo
Chi vuoi colpire?

venerdì 24 novembre 2017

Taste of Malaysia 39



Fermi sul ramo
Anelli gialli e neri
Aguzzo il dente

giovedì 23 novembre 2017

Taste of Malaysia 38



Piove di nuovo
Sudi sotto il gran caldo
Velo pesante

mercoledì 22 novembre 2017

Taste of Malaysia 37


La raganella
Ferma sul bambu verde
Guarda stupita

martedì 21 novembre 2017

Taste of Malaysia 36



Il gallo canta
In braccio al suo padrone
Pronto alla pugna

lunedì 20 novembre 2017

Taste of Malaysia 35



Se cala il sole
Sul grande fiume azzurro
Gracchia il ranocchio

domenica 19 novembre 2017

Partire, sognare



Per chi è travel addicted come me, si direbbe oggi nell'era digitale, l'essneza del viaggio sta tutta in quel partire, quel muoversi dal luogo che, benché sia di solito la tua calda cuccia in cui ti crogioli e stai benissimo, ti viene improvvisamente stretto e ti costringe ad andare, in fondo non importa dove. Come già detto da molti, la parte più importante del viaggio è il viaggio stesso e non il raggiungimento della meta. Per questo, quando finisce la dose che hai incamerato nel viaggio appena portato a termine e che piano piano digerisci appena tornato, comincia a montare il desiderio irrefrenabile di partire di nuovo. 

Ce l'hai lì come un groppo che sale in gola, come il mostriccio di Alien dentro lo stomaco che vuole uscire costi quello che costi e che nonostante tutte le incombenze ineluttabili che avresti da svolgere, ti costringere a riprendere la via, il cammino, quella strada su cui si metteva l'antico pellegrino per espiare le sue colpe e magari, mentre andava a combattere gli infedeli, di passaggio razziare qualche villaggio; il mercante che sognava luoghi dove vendere mercanzia ed altra comprarne da rivendere al ritorno, solo perla gioia dell'affare, non per inseguire quella ricchezza che mai avrebbe raggiunto nella misura sognata; il soldato che voleva conoscere il mondo e quello della guerra era l'unico modo che immaginava. Certo ormai questo immaginario partire, non è cosa tanto romantica ma il più delle volte consiste in pratica nel salire su di un aereo.    

Intanto cominciano a manifestarsi i vari segni della crisi di astinenza, il pensiero e la chiacchiera diventano monocordi e vanno sempre a parare sullo stesso argomento, il luogo scelto; inizi ad avere difficoltà di concentrazione e cominci a far mente locale quando hai ormai in testa, martellante, una data fissata dalla quale ormai non si scappa più. Ripeto non è importante il dove, ma il quando. Presto possibilmente. Quando tutto è fissato, il tremolio dell'angolo dell'occhio comincia a scemare e puoi concentrati fortunatamente sullo zaino da preparare, la valigia da riempire e al diavolo le cose da fare che dimentichi di portare a termine. Ci si penserà quando si ritorna, ragazzi, andiamo, andiamo, presto che è tardi. Insomma, viviamo una volta sola o no! Allora forza preparare il materiale fotografico e controllare i biglietti.


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venerdì 17 novembre 2017

Usa 9 - Al confine canadese

Il fiume Saint John


Foliage
Lasciare Acadia e la sua isola dispiace un po', forse meritava un piccolo approfondimento, ma si sa che questi viaggi di lunga percorrenza devono lasciarti questo gusto, tante toccate e fuga per incuriosirti, metterti sulla voglia, darti un flash su una terra che vorrebbe essere vista e vissuta più da vicino, cose che quando eri giovane potevi rimandare al futuro sotto forma di promesse difficili da mantenere, ma possibili e che ora invece sai non essere più realizzate. La nostra vita è troppo breve per approfondire e le curiosità che dovresti e vorresti nutrire sono talmente tante che solo una scelta tuttologica a 360° come si dice, ti può in un certo senso appagare. Così potrai dire di avere visto, ti potrai illudere di avere capito e potrai anche pomposamente chiacchierarne anche se in fondo sai bene di quanta superficialità ti servi per trinciare giudizi. Comunque, tanto per stare coi piedi per terra rivolti verso la terra canadese, fa un freddo becco, siamo vicini agli 0°C ed i verdi praticelli davanti alle case, incluso quello del nostro motel sono imperlati di brina rugiadosa. E' il grande nord ragazzi, che si annuncia prepotente. Di qui, la strada vira prepotente verso gli infiniti spazi canadesi e il clima diventa come giusto più severo e se metti in conto la sbarcata di chilometri che hai programmato, bisogna partire non appena sorge il sole, le sei e mezza insomma, l'ora del lupo, mancherebbe altro che non facesse freddo, mentre il sole gelato da foresta russa non si è ancora sollevato dietro la cortina di alberi.

La biblioteca di Hartland
Meglio dunque lasciare definitivamente il mare e risalire l'entroterra sempre più spopolato verso le Longfellow mountains, una propaggine terminale ,dai declivi antichi e poco pronunciati, dei monti Appalachi che si stendono per tutto lo stato ed oltre in terra canadese. Conviene prendere l'autostrada 95 che tira dritto verso nord fino al confine. Qui gli spazi si dilatano e l'uomo diventa sempre più minuscolo fino a scomparire  quasi del tutto. Il largo nastro asfaltato si allunga all'infinito, le foreste millenarie che ricoprono i colli ondulati che determinano il paesaggio, sembrano  l'unica costante possibile, intonse da mano umana, testimoni di uno sviluppo autonomo e prepotente che si illude di poter resistere alla quella specie invasiva, solo perché questa non ha ancora deciso di metterci le mani sopra. Comunque lo spettacolo affascina e vince sulla noia della guida rettilinea a velocità inusuale per un europeo, che per ore procede vedendo soltanto davanti e dietro di sé le stesse auto, poche, che procedono come in una navigazione automatica nel mare di alberi. Rompono la monotonia soltanto gli enormi camion che procedono in senso opposto, visibili al passaggio, quando la distanza non è tale da occludere la vista dell'altra corsia. Qui gli spazi sono tali da poter largheggiare nell'utilizzo del territorio. Come tutto qui, questi mezzi sono di dimensioni esagerate, con i loro musi protrusi in avanti, con le cromature lucenti ed i tubi di scappamento rivolti in alto che transitano con prepotenza alla stessa velocità delle auto, infondendo all'intorno un certo senso di minaccia e potenza.

Laghi di frontiera
Vi ricordate di Duel, il primo straordinario film di Spielberg degli anni '70? Quelli che arrivano da nord sono per lo più carichi di tronchi d'albero, l'oro di queste terre di cui c'è grande consumo anche come materiale da costruzione. Gli autisti li vedi solo nelle aree di sosta e li riconosci subito dalle dimensioni, enormi come i mezzi che conducono, con le classiche giacche rosse a quadrettoni, i cappellini a visiera e le magliette di qualche squadra cittadina degli sport americani. Si radunano tra di loro davanti a qualche hamburgher ricoperto di ketchap e maionese, patatine e ancora salse di ogni tipo, barbecue, tex mex, basta che siano abbondanti e bicchieroni esagerati di caffé bollente o di Cole ghiacciate, ma molto ghiacciate, la birra solo alla sera che qui sono severi anche con l'alcool. Le brevi soste in queste zone di ristoro, anonime e tutte uguali, non lasciano traccia nella memoria. puoi al limite osservare le auto parcheggiate. A questo proposito devo constatare che in tutto il giro ho visto solo una 500 e una 500L, oltre ad una Maserati argentata in città e una Ferrari blu scuro che mi ha superato rombando sull'autostrada. Ma non rispettano i limiti questi qua? Dottor Marchionne non ci siamo, qui bisogna far qualche cosa. Va bene che ci sono un sacco di Chrysler in giro, Jeep e compagnia bella, però qui bisogna affermare il marchio Italia.


La HW 95
Oltretutto il New England è un'area di cagamaretti, come diciamo ad Alessandria e il design italiano dovrebbe fare premio, no? Diamoci da fare eh! Comunque devo dire che ad una osservazione superficiale, appare evidente che la maggioranza delle auto che vedi circolare ha marchi giapponesi o coreani. Le berline, quasi tutte tre volumi sembrano tutte uguali, tipo la nostra, una Hyunday Elantra, mentre la maggioranza guida SUV, al 50% pickup (ma avranno così tanta roba da trasportare?) di proporzioni smisurate. Girano diverse Mercedes, Audi e BMW. Notate anche molte Wolksvagen e Volvo; assenti i francesi. L'autista di Uber a cui ho fatto notare la Maserati, magnificandone la linea italiana, non ne aveva mai sentito parlare e devo dire che è rimasto orripilato dal prezzo che gli ho detto con nonchallance, anche se ritengo che negli Usa sia ancora superiore. Quando arrivi alla frontiera, una lunga linea verticale di quasi 300 km, tracciata sulla mappa con mano sicura, come si addice a questi territori naturalmente uguali, bisogna fermarsi un attimo per festeggiare idealmente l'avvenimento; stiamo per entrare in un paese nuovo, da aggiungere alla lista della collezione, il 103esimo della serie, tanto per banfare un po'.

Attenzione agli incontri pericolosi
Da entrambe le parti, due grandi centri di informazione che distribuiscono generosamente cartine e notizie a richiesta, mi raccomando fare l'ultimo pieno che poi dopo la frontiera, quelli là, dice la signora con una strizzata d'occhi, la benzina la fanno pagare il doppio. Bisogna poi cambiare qualche soldo, che qui non siamo certo in Europa dove ormai siamo abituati alla santa moneta unica e lo puoi fare solo in una specie di duty free, che vende peluche, liquori e sigarette, dove "quelli di qua", ti applicano un cambio da veri strozzini, quasi il 10% in meno del tasso ufficiale, capirà qui ci siamo solo noi! Tocca, brontolando, subire la rapina della bella cravattara bionda che mi passale banconote con un sorriso acido. Passare la frontiera è semplice e rapido e il tronco di pino di due metri al posto doganale, vuol sapere che mestiere fai, pensionato non è previsto, prima di stampare il timbro sul passaporto, ma niente di più impegnativo. Anche al centro informativo canadese sono gentilissimi, pure qui solo vecchiette tipo Agatha Christies a distribuire mappe, che però subito si illuminano, deliziate al sentirti esprimere in francese, non come "quelli di là" che non parlano altra lingua che la loro.


Le prime case canadesi
Il nome Italia comunque fa sempre premio ed il numero delle mappe e delle info ottenute di norma raddoppia. Poi, davanti a te solo l'immenso territorio del New Brunswick, dove comincia l'autostrada n. 2. Woodstock è la prima cittadina che incontri (ma non è quella là famosa del concerto, che si trova nello stato di NY), poi una breve sosta ad Hartland, un po' per riposare il posteriore fiaccato dalle ore di guida e un po' per dare un'occhiata al ponte coperto più lungo del mondo che traversa il fiume Saint John congiungendo le quattro case del paese. Questa dei ponti coperti in legno è una caratteristica di tutta la costa est. Alcuni sono molto vecchi e caratteristici e sono ormai divenuti una attrazione, circondati come sono da bei boschi. Ricorderete certamente I ponti di Madison County, il film che ha fatto lacrimare milioni di donne, tra immagini oleografiche da cartolina, in cui gigioneggiava l'inespressivo Clint, appunto tra i ponticelli  della contea, che comunque è da tutt'altra parte. Allora calma, fatemi mangiucchiare due crackers e un'arancia seduto su una panchina di una casupola che esibisce zucche gialle e due streghe inquietanti davanti alla porta, di fronte al ponte, che l'arrivo di oggi è ancora piuttosto lontano e a questo punto ne parliamo domani.

Il ponte di Hartland



SURVIVAL KIT


Il ponte di legno più lungo del mondo
Guidare in Canada - Non ci sono differenze rilevanti rispetto agli Stati Uniti. Troverete strade un po' più piccole e meno traffico ovviamente. Considerate che qui si abbandona il sistema imperiale e si torna al sistema metrico decimale quindi km e non più miglia. Quindi attenzione alla velocità che il vostro tachimetro segnalerà in miglia. Anche qui maniacale attenzione ai limiti. Sembra che il superamento di circa 10 km sia tollerato. Poi, oltre i 20, multa di 50 $; oltre i 30, 150 $; oltre i 40, 750 $; oltre i 50, 5000$, oltre alle varie comparizioni dal giudice ecc. In caso di segnalazione lavori, le multe sono raddoppiate (quindi fino a 10.000  $, canadesi naturalmente). I limiti sono di 100 o 120 km/h sulle autostrade, 50 in città. C'è meno sclerosi di cartelli che negli USA ma anche qui le macchine della polizia sono in agguato ben nascoste e ti beccano con la pistola radar a circa 500 metri di distanza. Quando li vedi è troppo tardi. Se vi fermano siate gentili e remissivi, dite che siete turisti, ammettete subito la distrazione, chiedete pietà, parlate francese che è più gradito e magari ve la perdonano o la riducono allo step inferiore. Divieto d'uso di dispositivi antiradar, tipo Coyote per intenderci. Per il resto niente da segnalare.


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giovedì 16 novembre 2017

Usa 8 - Acadia National Park

La baia di Bar Harbor



Il ponte per l'isola
Certe volte uno non fa caso ai dettagli e ci rimane come allocco appeso al pero. (Non che sia un modo di dire conclamato, ma mi suona molto bene). In sostanza una delle cose che mi piace fare quando sono in un paese straniero, è fare un giro nei supermercati, intanto per vedere come funziona la grande distribuzione, come sono organizzati e soprattutto cosa vendono. Percorrendo la strada principale traversi spesso delle aree commerciali dove si aggregano un sacco di servizi, catene di ogni cosa, benzinai e anche ovviamente market grandi e piccoli. Quando dici grandi, in questo paese pensa sempre all'esagerazione, infatti quando ti infili in uno di queste vere e proprie città mercato, non riesci a vederne la fine. Già le debordanti massaie che circolano all'interno sono uno spettacolo consolatorio per gli obesi nostrani e quando cominci a percorrere le varie le corsie degli alimentari capisci anche il motivo. Le confezioni varie in offerta poi, sono di proporzioni così generose che aumenti di peso soltanto a guardarle. La varietà inoltre, è davvero notevole. Dici patatine e devi orientarti tra decine di profumazioni, non parliamo di biscotteria e dolciumi vari. Ovviamente spazio monstre anche per la parte dietetica, che deve fare da contrappeso. Pacchi di dolcificanti da 5 kg, tanto per non farseli mancare in casa per esempio, riempiono una intera corsia.

Sand beach
Come ovvio anche qui è scoppiata la mania del sano, naturale, biologico, che di fianco agli altri scaffali, rappresenta un ossimoro di proporzioni maestose. Per l'acqua, capisci al volo che le abitudini qui sono diverse. Costa poco ogni genere di soft drink e tutto sommato anche i succhi conservati, mentre l'acqua che di norma viene consumata in grandi contenitori, minimo boccioni o taniche da 5/10 litri, se la vuoi in bottiglia invece, è una vera ed inusuale rarità e la paghi di conseguenza, la bottiglia da 1 litro quasi 2 $, magari spacciata per avere virtù curative e proveniente da altissime e purissime sorgenti artiche. Ma lo spettacolo più bello sono i banchi della frutta, alla faccia di chi dice che qui se ne mangia poca. Ben esposta, varia e lucidissima, in particolare le mele evidentemente cosparse di cera tanto brillano. Tutto è molto imbellettato per attirare il cliente, ma vivaddio non è poi vero che la frutta è così cara come mi dicevano. Sì, un po' di più che da noi, ma alla fine le meline o le arance variano tra i 2 e i 3 dollari, tutto sommato una somma accettabile.

Otter reef
Data la nostra consuetudine a guadagnare tempo saltando la pausa pranzo e mangiucchiare frutta durante i trasferimenti, facciamo subito una bella scorta e ci presentiamo alla cassa, tra l'interesse stupito delle clienti e della cassiera, dato che non abbiamo un carrello pieno di jelly, caramelle o scatoloni di donuts ricoperte di cioccolato avvolte nei canditi zuccherati, spolverati di cannella e bagnati nello sciroppo di acero. Alla fine della fiera però, battuto lo scontrino e scuciti i biglietti verdi, facendo i conti ci accorgiamo che la scopola del conto è piuttosto pesante. Possibile che abbiamo letto male, i prezzi o peggio che abbiamo pesato male? Controlla e ricontrolla anche lo stupido diventa saggio e impara. Nella nostra dabbenaggine non avevamo notato che i prezzi esposti sono a libbra e non a chilo, per cui non c'è praticamente nessun frutto edule, anche di scadente formato o qualità che costi meno di 5/6 Euro al chilo, tanto per fare paragoni. Insomma è un paese piuttosto caro anche sotto questo punto di vista. Ma bisogna affrettarsi senza fare troppe recriminazioni se vogliamo arrivare per tempo ad uno dei punti topici del Maine, il parco nazionale di Acadia.

Echo lake
La strada per raggiungere questa grande isola tutta mantenuta a parco boscoso sul mare attraversa ormai solo foreste di grande bellezza dove il foliage autunnale comincia a dispiegarsi. Non siamo ancora al top, ma non ci siamo lontani. Un bel ponte sospeso collega la terraferma all'isola principale di Mount Desert, se vuoi arrivare sull'altra, la piccola Isle de Haut, serve il traghetto e devi fermarti almeno un paio di giorni. I parchi americani sono una delle attrazioni più importanti della nazione, ben organizzati e altrettanto bene preservati; hanno regole strette, controlli rigorosi e offrono molte soluzioni per la visita al fine di godere di quella natura che è la vera forza turistica di un paese che non può disporre ovviamente delle attrattive storiche e artistiche di Europa e Asia. Una delle cose probabilmente più coinvolgenti è quella di percorrerli a piedi attraverso i molti sentieri e trail ben segnalati che ti conducono via via per i punti più interessanti , ma per questo oltre ad una buona gamba occorre avere tempo a disposizione. Infatti questa è una delle tipologie di vacanza che va per la maggiore per gli americani che spesso passano nei campeggi dei parchi, le loro intere vacanze.

Isolette nella baia
Al tempo stesso si possono fruire di itinerari altrettanto belli da percorrere con la propria auto, calcolati per avere una visione abbastanza completa dei panorami e delle bellezze naturali di ogni zona. All'ingresso, al visitor centre, viene sempre fornita una mappa molto dettagliata dei percorsi consigliati e poi tocca a te, guidare con calma godendoti la strada e fermandoti nei vari punti ben segnalati, facendo bene attenzione a non parcheggiare fuori dagli appositi spazi. I ranger sono in agguato! Acadia prevede un bellissimo loop che mostra attraverso una strada panoramica tutta curve, la costa frastagliata con tutti i suoi view point più suggestivi, ben segnalati, con soste frequenti per raggiungere, a pochi passi dalla strada, altre attrazioni imperdibili. Conduce poi fino al centro dell'isola fino alla cima della Cadillac mountain dalla quale il panorama è strepitoso. Hai tutta l'isola ai tuoi piedi; puoi apprezzare la frastagliatissima costa e il mare blu scuro che la circonda punteggiato da decine di isolette di ogni dimensione, ricoperte di boschi il cui fogliame dal giallo sta virando al rosso carico ed in mezzo all'estremità dell'isola, la sottile striscia blu dell'Echo lake con la sua famosa spiaggetta.

Da Cadillac mountain
Sei a quasi 500 metri di quota e tira un certo venticello teso e gelato, quindi copritevi di conseguenza. Sotto i tuoi piedi, nella baia del paesino principale, Bar Harbor, tre gigantesche navi da crociera formano un quadro piuttosto oleografico, ma comunque suggestivo. Qui pare che non se ne lamentino affatto, come a Venezia. Migliaia di croceristi che ogni giorno scendono a terra sono un business che fa una certa gola a tutti e gli Usa sono il luogo per eccellenza dove pecunia non olet, anzi, direi. Scendendo verso la costa, una corta passeggiata ti consente di calpestare la sabbia spessa della Sand Beach, serrata tra due costoni di granito, che è costituita unicamente da frammenti di conchiglie depositatisi quaggiù in migliaia di anni, ma non pensate di farci il bagno, anche in piena estate la temperatura dell'acqua non supera i 13 °C. Poco più avanti l'Otter cliff offre punti di vista davvero emozionanti sulle scogliere. Uno stop a Thunder hole ti consentirà di sentire il ruggito dei flutti che si infrangono negli anfratti della costa con rumori tonanti. Una bella emozione. Ogni punto ed ogni percorso è ben segnalato e dispone di appositi parcheggi, data la quantità di macchine che circolano, quindi la visita si esegue con grande facilità e soddisfazione.


Se poi non paghi come è capitato a noi essendoci capitati di sabato, ancora meglio. Non rimane quindi che trovarsi un motelino a basso costo appena fuori da Bar Harbor e farsi una passeggiata nel centro del paese tra ristoranti e negozietti per turisti affollati all'inverosimile dai croceristi alla fonda. La tenutaria, una simpatica vecchietta, ma qui è comune che per questi lavori di servizio la gente, non avendo pensioni civili, lavori fino alla morte (meditate gente,meditate prima di lamentarvi), è prodiga di informazioni sulla cittadina. In generale in questi piccoli motel o nei locali familiari, sono sempre molto stupiti di avere italiani come clienti, evidentemente ritenendo abbastanza inusuale che uno si smazzi a venire dall'altra parte del mondo per visitare la loro terra. Per passeggiare nel paese devi farti largo tra la gente che ancora non è risalita sulla nave di sua competenza. Al porto c'è la fila di ufficietti che propongono uscite in mare per vedere le balene. Tra i bar, i ristoranti, le insegne che inalberano gigantesche aragoste e sentori di griglie fumanti, hai proprio la sensazione di essere in vacanza  e allora che vacanza sia!




Ristoranti al porto di Bar Harbor

SURVIVALKIT

Bar Harbor
Acadia National Park - E' il più famoso parco del Maine, affollatissimo durante la stagione estiva. L'ingresso costa 20$ per auto per una settimana (gratis da metà ottobre a metà maggio). Se considerate di visitare almeno altri tre parchi a pagamento conviene l'ingresso annuale ai National Park di tutto il paese, specialmente quelli dell'ovest, per 80$ complessivi. L'anello stradale con brevi escursioni a piedi si fa facilmente in giornata. Bus gratuito per fare il loop. possibili tour guidati didue ore e mezzo con tre soste di 15 minuti ciascuna. Probabilmente è il più bello del Maine e se siete in zona non si può mancare. Ci si arriva da sud dalla 1, girando a destra all'altezza di Ellsworth in una ventina di miglia.

Motel Edenbrook - 96 Eden Str. - Appena all'ingresso della città. Tranquillo. Struttura consueta un po' datata. Niente colazione. Due queen bed a 70 $. Gestore molto gentile. Da considerare che gli alberghetti in città sono molto più cari.

Paddy's pub - 50, West Str. Sul porto, affollatissimo, in genere dovrete aspettare almeno una mezz'oretta se non avete prenotato. Sirloin steak e patate, dolce al cioccolato e Coca, Tutto molto buono ma 40 $ a testa. Un po' caro ma bistecca grande e buona. Cameriera molto gentile.


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mercoledì 15 novembre 2017

Usa 7 - Da Portland a Camden


Pemaquid lighthouse

La scogliera
Portland è una cittadina davvero graziosa che incontri risalendo la costa, adagiata su una collina digradante lentamente verso il mare. Una interminabile distesa di case e casette di fine ottocento o di inizio secolo in mattoni rossi, proprio quello che ti aspetti da un antico, e per l'America quando dici antico intendi questo, insediamento del New England. Dalla cima dell'osservatorio, una torre a tronco di cono, nel centro città, sulla cima dell'altura, hai una splendida vista dell'oceano vicino, imbronciato ma tuttavia apparentemente tranquillo data la protezione dei capi che formano la grande baia. Il waterfront, come in tutte questi insediamenti è ormai diventato luogo di passatempo e di sport popolari, un parco giardino cittadino dove la gente corre su e giù con una dedizione ammirevole, d'altra parte questa moda sconsiderata ci è arrivata proprio dagli Stati Uniti. Qualcuno, ma pochi passeggia anche con il cane e anche se l'aria che tira è piuttosto gelida, nessuno pare curarsene, addirittura per i pochi che indossano felponi o piumini, molti ostentano tenute sportive e maniche corte. Situazione abbastanza tipica per gli autoctoni dei climi severi per il resto dell'anno, approfittare anche del minio raggio di sole. 

Una saletta del museo dei pescatori
Di qui in avanti la costa diventa un andirivieni di insenature profondissime ricoperte di boschi infiniti tra cui si nascondono le case, molte in verità. In effetti una larga parte della popolazione vive, per così dire, sparsa per la campagna, anche in queste zone che non si possono, dato il clima severo, definire agricole. Quindi l'aspetto del territorio è di una grande piacevolezza naturalistica, con moltissima avifauna di terra e di mare, considerato che l'abbondanza di acque interne che scendono verso il litorale forma di continuo moltissime zone umide ricoperte di canneti e bassa vegetazione e che tutto il territorio è posto proprio sul passaggio di grandi rotte migratorie. Il senso di pace e di natura libera pervade l'ambiente, anche se questo non risulta essere affatto spopolato. Le strade in effetti sono gremite di auto e non potrebbe essere diversamente, l'auto è un bisogno primario per questa gente che diversamente avrebbe grosse difficoltà a spostarsi, date anche le grandi distanze. Ogni insenatura porta, attraverso contorte stradine fino a capi gettati nell'Atlantico, solitari e di selvatica bellezza. Basta prendere una deviazione dalla strada nazionale, quasi a caso e difficilmente sarai deluso.

La lanterna del faro
La nazionale 1 prosegue verso nord ed è una strada famosa al pari della ormai notissima 66, che procede lungo tutta la costa dal Canada credo fino al sud della Florida. Mi diceva un vecchio amico, maritato ad una indigena, una quarantina di anni fa, che era chiamata anche From pines to palms, ma non so se si riferisse alla nuova autostrada anche perché il ricordo è un po' svanito nel tempo quando si parlava di viaggi e di terre lontane inframmezzando alla chiacchiera, le discussioni sui prezzi di concimi e sementi. Già, ricordatevi sempre che sono nato con le aspirazioni del poeta, ma il destino mi ha voluto paracontadino nei fatti, che ci volete fare. Comunque se arrivate da queste parti spingetevi fino al Pemaquid point, lasciando la 1 all'altezza di Newcastle e proseguendo prima sulla 129 e poi 130 fino alla punta estrema di questa lunga e corposa penisola. Qui troverete un faro, il Pemaquid Lighthouse, classificato secondo l'uso delle liste di merito molto consuete quaggiù, come uno dei dieci posti più belli del Maine. A strapiombo sul mare, qui finalmente libero e non costretto da baie e protezioni, potrete camminare sulle rocce di una scogliera bellissima che rivela, attraverso erosioni di grande bellezza, la sua tormentata ed antichissima storia, mentre le acque imponenti si frangono contro le rocce. 

Camden - Scale
Una panchina solitaria difronte al mare vi potrà regalare un momento di solitudine e di raccoglimento anche se non sarà facile mantenerlo non appena la successiva frotta di turisti chiassosi in cerca di selfies, ma sordi di fronte alla forza della natura, non arriverà alle vostre spalle in attesa che vi togliate dai piedi per avere uno scenario più accattivante. D'altra parte c'è poco da lamentarvi, voi avrete fatto la stessa cosa con i visitatori che vi hanno appena preceduto. Il faro e la casetta sottostante sono davvero scenici e valgono il biglietto di ingresso. Se volete, a lato c'è anche un ristorantino che offre accattivanti lobster rolls, tanto per togliervi la più grossa, anche se di aragosta ce n'è ben poca. Poi la strada prosegue decisa lungo la costa un poco più rettilinea. Il mare è sempre alla tua destra e davvero in questo tratto è corretto definirla una Scenic Byway, come vengono segnalate da queste parti i luoghi paesaggisticamente imperdibili. In una quarantina di miglia arrivi a Camden, paesino che non riesco a definire in altro modo che delizioso. Una piccola insenatura che forma un porto naturale circondato da due alture su cui si aggregano le casette di legno, ben tenute. Alla fonda bei velieri alla fonda, dai cui alberi indovini le molte vele da dispiegare nelle traversate. 

Un angolodi Camden
Questi erano i luoghi privilegiati nell'era dei clipper, forse le più belle navi che abbiano solcato i mari. Erba verde e praticelli magnifici, qui piove sempre e non sarà difficile tenerli così bene come appaiono, formano i giardini cittadini. Un sacco di turisti che si aggirano per i mercatini che vendono le solite giargiattole, ma in cui passeggi volentieri, buttando di tanto in tanto l'occhio verso il mare più in basso dove qualche vela prende il largo. Anche qui potresti fare tante cose, le scogliere, altri fari suggestivi, un giro in barca a vedere la pesca delle aragoste, una fissa continua di tutta questa area, scendere fino alle spiagge, un po' grigie invero con quell'aria da mari del nord che è tristemente fascinosa ma che è poco apprezzata da noi solari mediterranei, passeggiare nel porto a sceglierti un localino dove gustare un astice, alla fine deludente oppure goderti il tempo senza far  nulla, girolando senza meta intorno e gustandoti gli scorci che compariranno all'improvviso tra le case, quinte inconsapevoli di uno scenario magnifico. Insomma ce n'è per innamorarsi e magari decidere di fermarsi un giorno ancora, ma non di più mi raccomando, se non fosse che la strada da fare è ancora tanta e bisogna muoversi. Dura la vita del viaggiatore on the road.

Il porticciolo

SURVIVAL KIT

Pemaquid point Lighthouse park - Piccolo parco sul mare a circa 70 miglia da Portland con il bel faro visitabile e piccolo museo dei pescatori. Bella vista. Ingresso 3 $. Vale almeno un'oretta di visita.


Un'insegna

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