mercoledì 13 settembre 2017

Mare di fine estate

Menton - Francia
Quando l'estate sta finendo, il mare ha un altro colore. E' un azzurro più pallido, un poco più triste, sembra che tutta quell'acqua abbia voglia di trattenere la gente ancora un po', insomma che cerchi di convincerti a non andartene. La spiaggia è finalmente meno affollata, per il tuo piacere naturalmente che un poco soffri la folla agostane e luglienga, ma il mare ha bisogno di gente, di corpi flaccidi da arrostire al sole, di animali da bagnasciuga in tutte le declinazioni del rosso, dal rosato pallido al vermiglio intenso, con larghe chiazze che denunciano i brani di epidermide caduta, forse persa per sempre, gode del fatto che non si veda quasi la sabbia o le pietre a seconda della location, insomma il mare senza bagnanti che mare è. Non sembra neanche vacanza. Gli ombrelloni adesso sono radi, qui sulla côte, già da giorni hanno ritirato il bagnino della municipalité, anche le boe sono state rinfoderate. Lungo la passeggiata vedi già qualche serranda abbassata, le auto girano più in fretta, quasi che non ci siano camminatori che cercano di raggiungere la battigia. 

Alla spiaggia adesso scendono tardi, non come prima che se arrivavi alle nove dovevi farti strada a zigzag tra gli asciugamani stesi con arte per occupare più spazi, per conquistare posizioni. Intanto sono spariti bambini e ragazzini vocianti, tutti a scuola direte voi, francesi ed italiani, uniti nello svolgimento del dovere, nonni al seguito naturalmente. Tuttavia la striscia davanti al mare rimane comunque preda dell'anziano o della single attempata che si ostina ad esibire la tetta cadente, fidando su qualche nuova scoperta antigravitazionale. Qualche coppietta di varia avvenenza si lascia carezzare dalla brezza. Gruppetti isolati di russi hanno conquistato spazio e si sentono a loro agio sguazzando nelle acque improvvisamente diventate più gelide, al contrario di quanto dovrebbe garantire la stagione. Anzi sembra proprio che il mare sia un poco arrabbiato per questo senso di abbandono e l'onda più lunga e movimentata quasi ti respinge se cerchi di entrare in acqua. 

Al mio fianco una signora disattenta, forse abituata alla docilità dello scorso mese, è stata sbattuta a terra dall'onda potente e deve avere sbattuto la gamba su un pietrone, forse se l'è addirittura rotta. Per lo meno così sembra ai solerti omaccioni dell'ambulanza che sono subito arrivati a prelevarla dopo averla imbardata in una speciale crisalide gonfiata con la pompa da bicicletta che l'ha immobilizzata. I russi aiutano nel trasporto. Certo che rompersi la tibia in spiaggia è una bella sfiga, direte voi. Eh, non si è mai abbastanza attenti. Anche qui, sdraiati al sole a pancia all'aria e leggere il giornale o un libro, merce rara sulla spiaggia, mentre sullo sfondo ogni tanto passa, cercando di rendersi invisibile, qualche clandestino, riconoscibilissimo, per chi lo volesse, ma non visto da chi, qualche metro più in alto, munito di mitra ed elmetto da combattimento protegge la patria dall'invasione. 

Migranti di fine estate, l'importante è far credere al popolo beota la propria decisa durezza, l'invalicabilità della frontiera e del sacro suolo, il voto chiama dappertutto. Intanto l'aria è più fina, si respira meglio sulla spiaggia spopolata, verso l'una quasi tutti se ne vanno; rimane la madama che era attaccata al telefono già da un'oretta, che pacchia adesso che il roaming è aggratis, ma forse è la stessa che telefonava anche prima, quando si pagava. Ma sì, si sta proprio bene, anche se l'aria di smantellamento di fine stagione rende il tutto un po' più sdilinquito. E poi accidenti io sono un convalescente che va accudito con amore e questo luogo da baronesse russe tubercolotiche fin de siècle, mi si addice assolutamente. Quindi lasciate che mi crogiuoli ancora per qualche giorno prima di ritornare ad occuparmi della prossima partenza che si avvicina a grandi passi, ma che comunque non riesce ancora a distogliermi dalla mia accidiosa pigrizia.



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