lunedì 7 marzo 2011

Ofelè fa 'l tò mesté!

Credo che siamo tutti d'accordo. Ognuno dovrebbe limitarsi a fare le cose che sa fare, diversamente vengono fuori solo grandi schifezze. Però anche tra i migliori alfieri della pigritudine, tra i quali ho una posizione di preminenza, si risvegliano di tanto in tanto delle pulsioni che indirizzano a comportamenti in antitesi col proprio pensiero filosofico. Un bel giorno di tanti anni fa, dopo un duro apprendistato sui muri di casa mia, mi colse l'uzzolo di provvedere a tappezzare per intero la casa in cui i miei suoceri si erano appena trasferiti. Ma l'asino casca dove il dente duole, dicono gli appassionati di proverbi. Fu ovviamente scelto per la bisogna uno dei materiali più difficili da applicare, una specie di stoffa a bande della larghezza di un metro che, dopo essere state ricoperte di colla, che si applicava con un pennellone che ricordo ancora come un incubo da peperonata, pesavano quintali e che con l'aiuto di mio suocero che fungeva da ragazzo apprendista, issavamo malamente su uno scalotto malfermo e raccogliticcio, come tutti i materiali di chi si improvvisa.

In mezzo alla camera troneggiava un tavolone posticcio, prestito di un ex tappezziere che aveva abbandonato l'attività dal secolo scorso, e parlo dell'800, naturalmente. Si procedeva con lentezza esasperantre camera dopo camera, essendoci liberati per prima cosa del bagno, dove con una spericolatezza tipica dei principianti si era provveduto ad applicare carta anche sul soffitto, operazione di una difficoltà disumana. Non sto a raccontarvi le mille problematiche che emergevano continuamente in un andirivieni parossistico tra il taglia carta, spalma colla, appendi striscia, stendi e spatola con maestria al fine di stirare le mille pieghe che la mancanza di esperienza faceva emergere in continuazione. Un lavoro infernale e faticosissimo. Naturalmente i materiali erano sempre calcolati malamente, così una volta mancava la carta, una volta la colla, un'altra il pennello. Mia suocera si incaricava di telefonre di tanto in tanto al negozio perchè venissero a rabboccarci le manchevolezze.

Fatto sta che, nel bel mezzo della parete principale del salone, mentre la striscia pareva venire un po' storta, come si suol dire, nel bel mezzo di Roma, arriva un ragazzo del negozio con due barattoli di colla Artiglio, richiesti con urgenza, dato che il piatto piangeva e noi, nella sbracatezza dei nostri abiti da lavoro con tanto di busta di carta in testa per entrare meglio nella parte, non potevamo certo piantare lì l'opera artistica, che poi ci sarebbe venuta meno l'ispirazione. Deposti i barattoli, il garzone in attesa di ricevere la giusta mercede ebbe modo di osservarci per qualche attimo nell'espletamento delle nostre funzioni, poi mentre incassava la mancia, prese da parte mia suocera con fare carbonaro e parlando a bassa voce per non farsi udire da noi, comunque impegnati a smoccolare, le disse: "Stia attenta, signora, non si faccia fregare, che quei due lì non sono mica del mestiere" e se ne andò, contento e sicuro di avere sventato un tentativo di raggiro. Il lavoro in qualche modo arrivò comunque alla fine, ma mi raccomando, state attenti prima di affidare appalti, assicuratevi della professionalità degli incaricati.


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3 commenti:

il monticiano ha detto...

La carta da parati sul soffitto?
E come avete fatto?
Faccio bene io che neppure ci penso.

Adriano Maini ha detto...

Saperle raccontare, poi, con auto-ironia per giunta, queste vicende non é certo da tutti!

Enrico Bo ha detto...

@Monty - Ti assicuro che è una faticaccia, con la colla che ticola sugli occhi!

@Adri - Ma ti assicuro che è una esperienza che non ripeterò, nonostante la abilità ormai acquisita.

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 114 (a seconda dei calcoli) su 250!