martedì 13 ottobre 2009

Spuma di Atlantico

Generalmente in Portogallo ci si va in estate. L'Algarve mostra allora lo splendore delle sue spiagge e la luce accende di colore gli azulejos nei vicoli dei paesi antichi. Non invece ci andammo in un gennaio piuttosto freddo, in cui però un sole pallido vinceva quasi ogni giorno, le brume atlantiche. Risalimmo lentamente la costa, godendo di ogni insenatura, così aspra quando è l'oceano a scavare e non l'onda calma del mediterraneo. Arrivammo così a Nazaré, un piccolo, anche se ben noto, paese di pescatori, disteso di fronte ad una enorme spiaggia dalle grandi dune. La furia dell'Atlantico, pur in assenza di tempesta, si abbatteva con potenza costante e le onde larghissime, risalivano per molti metri lungo l'erta sabbiosa, fermandosi un attimo, padrone della situazione, prima di ridiscendere, ma sempre rabbiose, graffiando quasi la rena per portare comunque con sé qualcosa o per lasciare un segno del loro passaggio, per marcare un territorio. Lontano dalla riva, centinaia di tralicci su cui erano stesi in bell'ordine i pesci a seccare e davanti le barche, anche queste in sicurezza, ben lontane dal bagnasciuga , come attente a non farsi portar via dalla furia spumosa che le avrebbe volute agguantare, trascinate fin qui, chissà con quale fatica; coloratissime però, come gemme smaglianti tra lo spolverio monocromo dell'umidità, ma con nomi che tradivano la vera essenza di questa vita come Jesus nos salvar o Providencia. Già proprio provvidenza come la barca famosa del Verga e in nessun posto ho sentito una atmosfera più vicina al senso dei Malavoglia. In questa spiaggia sconfinata, erano le dieci del mattino, lunghe file di uomini e donne, dalle vesti nere e dalle facce indurite dal vento, tiravano a riva le reti. Un lavoro di certo molto faticoso, antico, svolto con rabbia, i piedi piantati nella sabbia, i corpi spinti all'indietro, tesi a far da contrappeso alla forza del mare. Un tirare ritmato per fare almeno rendere la fatica, che ad ogni tensione fa guadagnare solo pochi centimetri, che ad ogni strappo avvicina al momento in cui il peso diventerà a poco a poco più leggero, forse troppo leggero, mentre l'ultima sacca risale la riva accendendo la speranza di una giornata fortunata. Non c'era allegria in quelle facce, non ci può essere serenità in questo tipo di fatica. Dopo un paio d'ore non ce la facevamo più neanche a guardare, per fortuna che ci si può rifugiare in uno dei tanti piccoli locali non lontani dalla riva dove riuscimmo a fatica a farci tirare su il morale da una açorda de marisco, una densa e saporosa zuppa di pane, crostacei e arselle e da un arroz de polvo con vinho tinto di rara tenerezza. Tutto aiuta.

1 commento:

Martissima ha detto...

la finale è una consolazione che mette in pace con il mondo...

Where I've been - Ancora troppi spazi bianchi!!! Siamo a 114 (a seconda dei calcoli) su 250!