lunedì 28 settembre 2009

Bianco gesso.

C'è una grande diatriba sul gap qualitativo tra la scuola, gli studenti e gli insegnanti odierni e quelli di un tempo, pre-68, tanto per intenderci. Si filosofeggia molto su cause ed effetti, si notano voragini di ignoranza e così via. Poi nella realtà di tutti i giorni, mentre siamo qui a commentare le nuove classi di Merystar con 41 allievi, come a Novi Ligure, i nostri ragazzi, che in fantomatici test, studiati da chissà quali teste aguzze, arrivano sempre dopo quelli del Burundi, vanno all'estero a studiare o a lavorare e sbancano quasi sempre il cucuzzaro, sono tra i più graditi ed apprezzati e ci fanno fare dei gran figuroni. Chissà com'è la realtà vera. Io, a causa dell'anagrafe, posso solo ricordarmi degli episodi, non so se significativi, ma certo quantomeno curiosi. Ho preparato diversi esami universitari con un caro amico, poi, com'era consuetudine allora, si andava a sentire gli esami degli altri, da cui si sperava di trarre utili indicazioni sulle manie ed inclinazione del professore ed altre malizie; adesso non si può più, giacchè gli esami sono tutti scritti e di fronte ad un foglio anonimo; passa anche la poesia e manca lo stimolo del combattimento verbale, la lotta corpo a corpo per sgusciare dalla presa della domanda ignorata e la ricerca di una posizione favorevole sull'argomento conosciuto su cui assestare il colpo fatale. Comunque quella mattina, grigia come tutte le sessioni autunnali, eravamo pochi nella piccola aula di chimica dove si svolgeva l'esame di organica. Un cubo vuoto dalle pareti sporche, con il fondale di lavagne a scorrimento, coi gessetti che stridevano sulla superficie rosa dall'uso ed i cancellini di feltro che da eoni non erano stati sbattuti e diffondevano nell'aria un tenue polverino bianco. In fondo all'aula un gruppetto di giovanotti in giacca a e cravatta, tremebondi gli uni, gli esaminandi, un po' più rilassati ma preoccupati per il futuro gli altri, gli auditori. Alla cattedra, vicino a due stanchi e svogliati assistenti, il pimpante professore di chimica, un toscano dalla parola facile ed aggressiva. Il mio amico viene dunque chiamato, consegna il libretto ad uno di due scherani che comincia a consultarne i voti; un tempo questa era la fregatura se eri uno studente mediocre, mentre se acchiappavi qualche trenta all'inizio, tutto era in discesa e si dispone quasi sull'attenti ad affrontare il fuoco nemico. Il prof si alzò e vergò con cura una formula sulla lavagna e chiese se l'esaminando sapesse riconoscere il composto. Lo sguardo dubbioso e confuso di E. ondivagò sulla nera superficie, cominciando a scorrere lungo la catena dei tre atomi di carbonio come sgranando le palline di un rosario di duro diaspro, alla ricerca di un qualche appiglio per non esser affondato al primo colpo. Allora si usava così. Dentro o fuori. Tra lo sguardo pensoso, mentre gli occhi umidi ruotavano qua e là alla disperata ricerca di aiuto, il cerbero, forse si commosse e se ne uscì con la battuta che per certo aveva lungamente studiato e che, certo, riteneva spiritosissima. "Dunque, vedo che non è molto preparato, ma visto che questa mattina è il primo, voglio proprio aiutarla. Se lei ha un insalatone, con cosa lo condisce? Con l'olione e con.....con.... su forza che è facile" . Uno sguardo di gratitudine affiorò immediatamente nell'occhio disperato del mio socio che si affrettò ad afferrare quella insperata ciambella di salvataggio e se ne uscì pronto e candido: " Con il limone". L'occhio del prof si vetrificò e il viso divenne d'un tratto paonazzo, poi con furia afferrò il libretto dal tavolo e lo scagliò contro il malcapitato, urlando :"Se ne vada!" Anche la polvere di gesso rimase per un attimo ferma a mezz'aria, congelando quel momento topico, che rimase a lungo nella storia della facoltà. Ma forse erano altri tempi.

3 commenti:

giovanna ha detto...

Gustoso aneddoto! :-)
ma quel prof, gran "spiritoso" :-(
eh... allora si usava proprio così...!
quanto dici sul percorso universitario... mi corrisponde :-)
Sulla scuola di oggi e gli studenti... mah, mah! Ci sarebbe da scrivere troppo... io pigra, Enrico :-)
Ps: leggendo l'episodio ho temuto che il tuo amico avesse risposto .... con il ...salone! :-))
(nonostante gli atomi di carbonio!:)
ciao,
g

Marco Fulvio Barozzi ha detto...

Comunque l'acetone non si usa sull'insalata, ma sulle unghie. La metafora del docente era pure sbagliata.

Unknown ha detto...

Forse anche l'allievo di allora non comprese cosa c'entrasse l'acetone, chissà.
Confesso che negli esami orali, di fronte ad alcuni studenti talora mi lascio andare anch'io a battute "spiritose". Bisogna pure sopravvivere alla noia degli esami ed alla frustrazione di sentire strafalcioni cosmici...

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