domenica 26 aprile 2009

Panna e nocciola.

Sono un fan del gelato alessandrino. Quando avevamo ospiti stranieri, non mancavo di passare in piazzetta e proporre il gelato di Cercenà che illustravo, mai smentito, come probably the best in the world. Questa è una tradizione strana per la nostra città, certo importata con la grande migrazione veneta, la prima che interessò il Piemonte e verso la quale c'erano, tanto per cambiare, le stesse prevenzioni odierne. Venete sono state intere generazioni di gelatai, ma com'è che sapevano fare un gelato così buono? Misteri migratori; fatto sta che quando ero ragazzotto le gelaterie erano rare e le gondole a pedali motorizzate, grazie alla tecnologia, giravano per le piazze e per i paesi ogni giorno con il loro dolce carico. Era un appuntamento quotidiano, d'estate in valle S. Bartolomeo, verso le due si sentiva uno strombettare sulla strada che calava dal Dazio e la mezza gondola bianca si fermava in mezzo al gruppo di case. Schiacciava ancora un paio di volte la peretta di gomma fissata alla cornetta, pepeeee....., gridava gelatiiii come nei Giardini di marzo ed un gruppetto di ragazzotti vocianti gli si accalcavano attorno, tendendo le monete ed allungando il collo nel tentativo di vedere il fondo dei bidoncini di rame dove era contenuta la gelida delizia che avrebbe placato l'afa estiva per un po'. C'erano tre o quattro bidoncini, uno dei quali misto dei due gusti meno graditi, fragola e limone e due opzioni, il cono da 10 e quello da 20 lire. Una palettata o due e mezza, la giunta. Quando la clientela era stata servita quasi al completo, scendeva di corsa un altro ragazzo, che nel nostro immaginario era valutato come il bambino ricco e, brandendo in mano un bicchiere di vetro e un cucchiaino, ordinava: - Da 50, panna e nocciola -. Aveva dichiarato ufficalmente che il genitore guadagnava 100.000 lire al mese, cifra ragguardevole, ma a ben valutarsi non esagerata per i tempi, diciamo equiparabile a 2000 euro attuali. Fatte le proporzioni, il cono standard equivarrebbe oggi a 40 centesimi. Diciamo che adesso c'è più scelta nei gusti e i coni sono molto migliorati, ma che il plateatico del negozio incida così tanto, mi pare esagerato. Poi, dopo un altro pepeee ed un ultimo richiamo gelatiiii rivolto ad un inesistente ritardatario, il gelataio dava un paio di pedalate ed accendeva il motorino lasciandosi andare lungo la discesa. I due o tre pepeeee lontani, segnalavano come fosse giunto alla sosta successiva, da altri clienti. Però, che invidia, quel bicchierone colmo che il mio amico si centellinava a poco a poco, mentre sgranocchiavo la cialda del cono, rodendola per farla durare più a lungo, all'ombra della pompa pubblica dell'acqua salata curativa, che già allora era ridotta ad un esile zampillo. Sarà per quello che ancora adesso ho la tendenza ad ordinare sempre la coppa più grande del catalogo. E' una questione di dimensione storica.

1 commento:

Laura ha detto...

Quando io ero piccola i coni già costavano 50 o 100 lire (inizio anni '60), quindi direi che ad Alessandria erano particolarmente a buon mercato. Va comunque detto che in lire un cono era 1000 o 1500lire fino all'arivo dell'euro dopo di che è passato a 1.50/2 euro, raggiungendo cioè i prezzi che i gelati avevano già per esempio in Francia al tempo della lira. Ricordo che quando andavamo in Corsica con i bambini trovavamo che i gelati erano carissimi rispetto ai nostri, mentre adesso costano esattamente lo stesso.

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